Italia
15. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica (1954)
Titolo Biennale | LA STRADA |
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Tit. distrib. ital. | LA STRADA |
Anno | 1954 |
Regia | Federico Fellini |
Sceneggiatura | Federico Fellini, Tullio Pinelli, Ennio Flaiano |
Soggetto | Federico Fellini, Tullio Pinelli |
Fotografia | Otello Martelli |
Musica | Nino Rota |
Interpreti | Giulietta Masina, Anthony Quinn, Richard Basehart, Aldo Silvani, Marcella Rovena, Livia Venturini |
Nazionalità | Italia |
Lingua | Italiano |
Dati tecnici | Lungometraggio, Bianco e Nero, 108 minuti |
Montaggio | Leo Cattozzo |
Scenografia | Mario Ravasco |
Sinossi: Gelsomina vive miseramente con la madre e cinque sorelle più giovani in una baracca sulle dune, lungo una spiaggia semideserta. Una sera un girovago che ha bisogno di una compagna la prende con se e Gelsomina incomincia una nuova vita. Impara a scoprire cose nuove, persone e luoghi sconosciuti, ma soprattutto impara a conoscere Zampanò, l'uomo che l'ha presa con sé. Egli è una specie di colosso, passa di paese in paese ripetendo eternamente gli stessi esercizi. E' elementare, sospettoso, impenetrabile. Insegna gli esercizi a Gelsomina con la pazienza inesorabile e crudele del domatore di cani. Quando ha soldi, li beve o li spende con prostitute di paese e poi dorme per ventiquattro ore di fila. Gelsomina rimane sconcertata della tranquilla sicurezza con cui egli compie le sue azioni e tutti i suoi tentativi per comunicare con l'uomo con il quale vive e lavora, urtano contro l'indifferenza di un macigno. I giorni si succedono ai giorni, i paesi ai paesi. Nell'animo di Gelsomina matura una strana consapevolezza di inutilità. Decide di fuggire. E se ne va infatti, ma la sera stessa Zampanò la riprende. Viene l'inverno. Zampanò cerca rifugio in un piccolo circo accampato alla periferia di una grande città. Nello stesso circo lavora un giovane acrobata, che Gelsomina aveva incontrato la sera della sua fuga e che tutti chiamavano "il matto" per la temerarietà dei suoi esercizi e per la sua continua, profonda malinconia. Il "matto" si diverte spesso a prendersi gioco di Zampanò e una lite tra i due non tarda a scoppiare. Zampanò mette mano al coltello e viene arrestato. Gelsomina si trova improvvisamente sola. Quella notte, per la prima volta, ella può parlare liberamente con il "matto" e soprattutto sentirlo parlare. E ascolta per ore e ore i suoi discorsi gravi, i suoi presentimenti di morte, le sue intuizioni cosmiche. All'alba Gelsomina si rende conto che qualcosa è cambiato in lei, che c'è qualcosa che lei deve fare: seguire Zampanò, stargli accanto, attendere. Ma Zampanò continua a non accorgersi di lei. Un giorno, egli ritrova il "matto" in una strada solitaria e, nel furore della vendetta, l'uccide. Gelsomina sembra impazzire. Egli la carica sul veicolo e se la porta dietro, passando veloce di paese in paese, mentre la voce di Gelsomina continua implacabile come un incubo ad invocare il "matto". Finalmente, in preda al terrore, egli l'abbandona in aperta campagna. Passano gli anni. Zampanò, invecchiato, continua a ripetere i soliti esercizi in un circo, la padrona del quale è la sua amante. Una sera, in un paese vicino al mare, viene a sapere che Gelsomina era morta qualche anno prima. Allora si ubriaca. Lo cacciano a pedate dall'osteria. Egli se ne va lungo la spiaggia, solo. Qualcosa gli si è rotto dentro. Sotto il grande cielo stellato, davanti al mare, piange. |
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